Vittorio Monaco
Poeta e letterato abruzzese
Vittorio Monaco
(Pettorano sul Gizio 1941 - Larino 2009)
Voci e Scrittura non è più la stessa. Ha perduto il professore, la guida, l’amico che con l’umanità propria della sua indole e della sua cultura e con la pazienza e il tatto che gli venivano dall’esperienza di un glorioso insegnamento, aveva trasformato dei dilettanti dubbiosi in un gruppo compatto e cosciente di sé, capace di ascoltare, studiare e poi redigere i quaderni, che egli non aveva disdegnato di impreziosire con i suoi scritti e le sue poesie.
A marzo, alla presentazione del quaderno precedente, “Migrazioni”, Vittorio Monaco volle essere presente nonostante la salute ormai precaria e pronunciò un discorso memorabile, di solidarietà e amore – la “pita” (pietà o più esattamente pietas) ricorrente nelle sua poesia, resa più profonda dalla dolorosa esperienza personale – per gli emigranti di ieri e di oggi come per chiunque soffra fame e ingiustizia.
Voci e Scrittura pubblica quest’ultimo quaderno, “Il Tempo e la Morte”, pensato e assemblato dal prof. Vittorio Monaco stesso sin dalla primavera scorsa mentre l’Abruzzo era sconvolto dalla tragedia aquilana, e la raccolta di poesie "Nèvelle e altre vie", da lui affidataci per la pubblicazione. È l’omaggio dell’Associazione al suo Professore e il modo per commemorare il letterato, il poeta, l’antropologo, l’oratore raffinato, sapiente e lieve, e per partecipare al cordoglio della sua famiglia.
(Ne Il tempo e la morte, pag. 5)
“Il 4 settembre 2009 Vittorio Monaco, uno dei più grandi poeti dialettali d’Abruzzo, ci ha lasciato per sempre.
Probabilmente tornerò a parlare della sua opera per farne un primo, anche se non definitivo, bilancio. Ma intanto, mentre tutto l’Abruzzo ne piange la scomparsa, sento il dovere di tributare all’amico un umile gesto di affetto ed un ringraziamento per l’incommensurabile amore con cui ha studiato e cantato la nostra Regione."
(AbruzzoCultura rivista culturale online, 9 settembre 2009)
È difficile trovare un uomo che abbia coltivato contemporaneamente un impegno sociale e politico che tendesse a discutere i problemi vivi e assillanti dell’oggi e nello stesso tempo fosse legato al suo paese natale e più in generale al suo territorio allargato, alla sua vallata, alla sua regione, con tanto amore da studiarne gli usi, le tradizioni, il carattere degli abitanti da non superficiale antropologo; un uomo che abbia avuto il fascino di attirare e chiamare intorno a sé i soci di un’associazione cittadina e farsi guida e suggeritore per una collana di quaderni in cui ciascuno desse liberamente sfogo alle sua tendenze letterarie e artistiche, su temi designati volta per volta, e nello stesso tempo anelasse a momenti di raccoglimento, di solitudine, per occuparsi di Poesia con la lettera maiuscola, seguìta non per svago e divertimento, ma per il bisogno di dare una risposta propria ai problemi esistenziali che lo scuotono dal profondo. Quest’uomo è stato per noi che lo conoscevamo più da vicino, ma anche per quelli che lo avevano incontrato con minor frequenza, Vittorio Monaco”.
(Ne Il tempo e la morte, pag. 11)
Vittorio Monaco nella sua poesia canta il dolore di chi non incontra più volti familiari e assiste a spopolamento e degrado del paese natio, il che fa di lui un singolare tipo di emigrante, perché, come accade a quelli che effettivamente partono, il suo mondo è perduto salvo che nel ricordo. Noi di Voci e Scrittura ci sentiamo emigranti. Addio e grazie, Professore.
(Ne Il tempo e la morte, pag. 6)
In ultima analisi, Vittorio Monaco è un poeta, nel senso più profondo ed etimologico del termine: un creativo. E come ogni poeta intuisce la Verità e ne fa sostanza di vita. Per la scomparsa di questi uomini che hanno contribuito alla costruzione del capolavoro in(non)-finito che è l’Uomo, restano a consolarci le parole del poeta J. Donne: “La morte non sarà più morte. E tu, morte, morrai”.