Le lacrime dei bambini
Prefazione di Vittorio Monaco a Le lacrime dei bambini, 6° Quaderno Peligno di “Voci e Scrittura”
Il titolo di copertina indica il tema centrale del quaderno, il leit-motiv che lo attraversa da cima a fondo come un filo rosso e collega le varie sezioni che lo compongono in un discorso unitario e coerente. Titolo e tema derivano dalla lettura di gruppo di una pagina dei Fratelli Karamazov di Dostoëvškij: quella in cui Ivan discute col fratello Alëša della sofferenza inflitta ai bambini, considerandola la manifestazione più atroce del male. Male radicale, non nel senso politico poi analizzato da Hannah Arendt, ma in quello più comune e diffuso di violenza assurda, malvagità arbitraria, oltraggio indifferente che, nella sua dismisura, va oltre la possibilità del perdono e perciò non può essere redento. Da nessuno. Nemmeno da Dio, sostiene Ivan.
Di questo male il dolore innocente è la cifra più inquietante, ma non è l’unica, nel secolo dei totalitarismi e delle guerre mondiali, dei gulag e dei läger, dello “stridore combinato dei fili spinati della taiga siberiana e del campo di Auschwitz” (V. Grossman), di Hiroshima e Nagasaki. E continua ad esserlo in questo scorcio iniziale del 2000, segnato da focolai di guerre grandi e piccole e da persistenti squilibri planetari che condannano alla morte per fame o ad un’esistenza stentata e marginale centinaia di milioni di uomini.
L’esplosione del male come aspetto non accidentale della fenomenologia della modernità chiama la cultura a interrogarsi sulla sua natura. In particolare, interpella la teologia: “Gli occhi che hanno visto Auschwitz e Hiroshima non potranno più contemplare Dio”, ha scritto Hemingway. Il pensiero religioso è sconcertato dalla divaricazione scandalosa tra pesanteur e grâce, tra una negatività che appare senza riscatto e le certezze tradizionali della fede.
Le ragioni di Alëša, il santo, sembrano non reggere di fronte alla lucidità analitica di quelle di Ivan, l’ateo. Tuttavia, diviso intimamente tra le opposte tesi dei suoi personaggi, Dostoëvškij, nella celebre lettera a Natalia Dmìtrievna Fronvìzine (1854), ribadiva l’estremità dell’opzione mistica: “Se qualcuno mi dimostrasse che Cristo è fuori dalla verità e fosse effettivamente vero che la verità non è in Cristo [cioè, non nell’amore, ma nel male], ebbene io preferirei restare con Cristo piuttosto che con la verità”.
La radicalità del male, nel senso che abbiamo detto, emerge con assoluta evidenza nello strazio dell’infanzia violata. Il quaderno ne dà testimonianza con pregevole scelta di testi e di immagini. Pagine d’autore e pagine più modeste, ma significative, scritte dagli amici dell’associazione “Voci e Scrittura”, si alternano a immagini fotografiche, brani musicali e quadri di pittori abruzzesi e locali, in una concertazione multimediale di poesia, pittura, fotografia e musica. La varietà dei generi di scrittura (in prosa e in versi, in lingua e in dialetto) e la diversità dei codici e dei linguaggi, conferiscono un’efficacia particolare alla comunicazione. Il messaggio è essenziale: “Si ha paura, si ha vergogna… Perché la vita è così orribile? Ne siamo colpevoli, io e te?” (Vasilij Grossmman).